sabato 7 gennaio 2012

Inverno: la stagione più difficile


L’inverno è arrivato, e con esso il freddo, il gelo e, speriamo, la neve. Vediamo allora come si prepara la natura per affrontare questa, che per molte specie animali e vegetali è la stagione più dura dell’anno.

Per quanto riguarda le piante, tutte quelle che vivono in una regione temperata ( la nostra ad esempio), devono trovare il modo per sopravvivere all’inverno.
Le piante annuali semplicemente scompaiono per sopravvivere nella forma di semi e rinascere in primavera; le piante erbacee perenni, invece, devono tenere protette le loro gemme, quindi le tengono più a contatto con il terreno, dove trovano una maggior protezione dalle intemperie; gli alberi decidui perdono le foglie in autunno, lasciando sui rami alti le gemme più resistenti al gelo, da queste gemme, in primavera, nasceranno le nuove foglie; i sempreverdi hanno sviluppato invece foglie resistenti al gelo: la differenza tra le due strategie è che le foglie dei sempreverdi sono più resistenti ai climi freddi, ma meno efficienti per quel che riguarda la fotosintesi, viceversa la caduta delle foglie negli alberi decidui provoca un notevole dispendio di energie ma fa sì che le foglie che rinascono ad ogni primavera siano più efficienti ai fini della fotosintesi.
Anche gli animali devono mettere in atto strategie diverse, per resistere alle temperature rigide dell’inverno.
I vertebrati omeotermi ( a sangue caldo ) resistono al freddo con o senza ibernazione.
Senza ibernazione resistono grazie a due meccanismi : lasciando raffreddare certe zone del corpo come ad esempio la punta del naso o le zampe oppure ricoprendosi con pelame. Non tutte le pellicce sono uguali come isolamento termico, ad esempio la volpe bianca ha una resistenza di 8 clo ( unità di misura) mentre quella dell'orso pur essendo più spessa ha solo 6 clo.
Generalmente i roditori e gli insettivori si difendono mediante l'ibernazione, cioé rallentando il proprio metabolismo. Questo stato di letargo generalmente prevede un abbassamento della temperatura corporea ed un rallentamento sia del battito cardiaco che della frequenza respiratoria. Ad esempio nella marmotta la temperatura passa da 36° a 6°, il ritmo cardiaco passa da 90 battiti al minuto a 10 battiti, il ritmo respiratorio da 20 – 30 a 2 – 4 inspirazioni al minuto.
Gli animali a sangue freddo si immobilizzano, ma al contrario dell'ibernazione questa strategia non mantiene sveglio alcun meccanismo di sorveglianza, per cui la temperatura corporea segue quella esterna senza alcuna difesa.

Riassumendo, avremo quindi gli omeotermi ibernanti (roditori, insettivori, chirotteri ) che vanno incontro ad un periodo di rallentamento delle attività vitali e gli omeotermi non ibernanti ( camoscio, stambecco) che per mantenere la temperatura corporea evitano di riscaldare inutilmente le estremità, si isolano tramite il grasso cutaneo e la pelliccia e in alcuni casi estremi aumentano il proprio metabolismo ( es. succede allo scoiattolo). Sia gli uccelli che i mammiferi non ibernanti di piccole dimensioni sono i più svantaggiati e spesso si rintanano.
Avremo poi gli eterotermi che alle temperature normali si riscaldano al sole ma alle temperature molto basse si addormentano e devono essere riscaldati passivamente per svegliarsi. Non avendo sensori per contrastare diminuzioni cospicue di temperatura, rischiano il congelamento.

Vediamo ora cosa succede nelle nostre campagne o montagne:

Le piante decidue offrono al gelo soltanto i loro rami spogli, mentre i sempreverdi si caricano di neve a coprire i loro aghi, resistenti al gelo. In questa atmosfera incantata, si aggirano i cervi, avvolti nei loro più caldi mantelli. Questa è la stagione in cui i giovani nati a luglio vengono slattati e cominciano a nutrirsi di germogli, cortecce ed erba secca.

Dalle prime nevi o da quando la temperatura s'abbassa al di sotto dei 12°C, le marmotte si ritirano nelle loro tane e  ne chiudono le entrate con mucchi di terra, erba e sassi, i quali possono raggiungere un metro di spessore. Una tana è in genere abitata da un gruppo familiare.
Le marmotte entrano in ibernazione progressivamente. Il loro metabolismo è reso possibile dal lento consumo dei grassi accumulati durante l'estate. Durante questo lungo sonno, le marmotte hanno delle fasi di veglia di uno o due giorni che le permettono di defecare, sistemare il nido e fare una toilette. Riemergeranno dalle tane ad aprile, pesando meno della metà e con i muscoli intorpiditi. Lasciamole al loro riposo.

Anche per il riccio è il momento di andare in letargo, in un comodo giaciglio di muschio e foglie secche. Se non è riuscito ad accumulare una sufficiente quantità di grasso corporeo rischia di morire per inedia. Succede soprattutto agli esemplari giovani.
In casi di freddo estremo, l'animale (la cui temperatura corporea scende dai 35 °C soliti ai 10 °C, mentre i battiti cardiaci calano da 190 a 20 al minuto) può anche uscire dal letargo per andare alla ricerca di cibo.

Gli orsi cercano un nascondiglio per passarvi la brutta stagione, pur non cadendo in un vero e proprio letargo; come i tassi riposano solamente e consumano le riserve di grasso.
Generalmente le femmine gravide, che metteranno al mondo i loro piccoli nella tana invernale, iniziano il riposo anticipatamente.

I fagiani di monte, dalla fine dell'autunno, si raggruppano mantenendo spesso la separazione dei sessi. Cercano delle zone di svernamento precise: boschi di pini, larici, betulle, sorbi o ontani, dove la neve resta farinosa.
Hanno tarsi e narici piumati; il loro intestino ospita dei batteri specializzati che permettono la digestione della cellulosa, così che nei mesi invernali possono nutrirsi di alberi.
Si nutrono di aghi di pino e di germogli vari; questa alimentazione è poco calorica, quindi il loro equilibrio energetico in inverno è molto precario.
Se la neve è farinosa e supera i 20 cm, si nascondono dentro un igloo, per sfuggire ad eventuali predatori. Passano la notte e gran parte della giornata sotto la neve, digerendo al riparo dal freddo e dai predatori.
Le piste da sci compromettono l'equilibrio energetico dei fagiani di monte, interrompendone il riposo sotto la neve, a cui si aggiunge lo stress e la dispersione dei gruppi, mentre possono tollerare il turismo estivo, sempre che gli escursionisti
ed i loro cani non si allontanino dai sentieri.

I pipistrelli dormono un lungo, profondo letargo, iniziato già in novembre, all'interno di grotte, alberi cavi o altri ambienti con microclima adatto.

I rettili in questo periodo si immobilizzano : si affondano nel terreno, vanno a nascondersi in profonde buche e cadono in un sopore simile al letargo dei mammiferi; la respirazione si fa appena percettibile ed il metabolismo rallenta notevolmente ; restano rigidi ed intirizziti nel loro rifugio invernale, indifesi di fronte ad ogni forte abbassamento della temperatura.

I camosci  in questo periodo perdono molto peso ;  si nutrono ora di foglie e germogli di conifere, faggio, sorbo, sambuco, ginepro, mirtilli, licheni e vivono in gruppi misti ma molto piccoli.
E' un periodo critico, caratterizzato da un' elevata mortalità.

Lo stambecco, dopo la muta autunnale,  ha un mantello bruno - marrone o bruno - nerastro .
Si sposta verso i 1800- 2500 mt e anche per lui è un periodo critico. Si trova
riunito in gruppi misti .


Il cinghiale in inverno ha un sottopelo particolarmente fitto ed è difficile distinguere il maschio dalla femmina. E' il periodo di maggiori spostamenti notturni. Si ciba
anche di anellidi, larve, artropodi, carogne. Questo è anche il periodo in cui si concentrano gli accoppiamenti, anche se i cinghiali non hanno un periodo riproduttivo definito ed i parti si succedono per tutto l’anno.

Anche la volpe in difficoltà non disdegna di nutrirsi di carogne.

La lepre variabile scende nei boschi ed è facile distinguerla  dalla lepre comune
perchè il mantello è completamente bianco , tranne sulle punte delle orecchie.
Anche l’ermellino indossa ora il suo mantello bianco.

Il ghiro si rintana in una buca del terreno o tra le radici degli alberi e cade in
letargo.

Ma per molti animali, l’inverno è anche un periodo riproduttivo: le trote ( fario, marmorata ed iridea) si riproducono tra novembre e dicembre ( l’iridea fino a febbraio), dopo che la femmina ha preparato su un fondale ghiaioso o ciotoloso, il sito riproduttivo in cui accogliere il maschio che feconderà le sue uova; il periodo riproduttivo dello scazzone inizia in febbraio, ma in questo caso è il maschio ha scavare sotto i sassi per formare il nido in cui attirare una femmina; il gipeto barbuto depone le uova in gennaio e anche il crocere può iniziare a  deporre le uova in questo periodo.
Nel mese di febbraio i corvi imperiali impegnano i cieli con i loro voli nuziali e a gennaio nascono le prime cucciolate delle volpi.

E noi? Cosa possiamo fare per aiutare i nostri amici animali a passare l’inverno? In realtà ben poco. E’ però molto importante, se incontrate un animale selvatico durante le vostre escursioni invernali, a piedi, con gli sci da fondo o con le ciaspole, NON cercare assolutamente di avvicinarlo, nemmeno soltanto per fare una fotografia: voi siete innocui, ma gli animali non lo sanno e per fuggire da voi sprecano energie proprio nel momento in cui è più difficile per loro reperirne di nuove. Se quella di non disturbare i selvatici è una buona norma di civiltà da seguire sempre, diventa di vitale importanza osservarla in questo difficile periodo dell’anno.
Però possiamo installare mangiatoie artificiali per gli uccellini, cince, rampichini, pettirossi e scriccioli infatti possono avere difficoltà, a causa dell’azione dell’uomo sull’ambiente, a reperire cibo a sufficienza. Loro sì, saranno grati del vostro intervento.
L’inverno è anche un buon momento per installare nidi artificiali, che gli uccellini inizieranno a frequentare per ripararsi dai rigori dell’inverno ed in  seguito utilizzeranno, avendole già identificate e trovate di loro gradimento, per deporvi le uova in primavera.



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