sabato 3 dicembre 2011

Il fiume ed i suoi abitanti

Riprendiamo la nostra escursione attraverso la natura che ci circonda, continuando a passeggiare in riva al fiume.... pare che adesso siano rientrati tutti nei ranghi e quindi riappropriamoci di questo spazio.
Vediamo chi ci abita, chi vive sulle sue superfici o nelle profondità delle sue acque.

domenica 13 novembre 2011

I fiumi di casa nostra e le alluvioni annunciate

In questi giorni si è parlato tanto di fiumi e della loro potenza distruttrice.  Piove, e i corsi d’acqua diventano il centro della nostra attenzione, dei sorvegliati speciali e temuti, fonti di ansie e preoccupazioni. Perché l’acqua ha una forza distruttrice che difficilmente può essere contenuta dall’uomo. Nel momento in cui rompe le briglie, devastata e trascina con sé ogni cosa, distruggendo paesi interi e sconvolgendo le nostre vite.
Ma il fiume non è soltanto questo nemico malvagio che vediamo al tg in occasione delle grandi alluvioni e poi ci scordiamo quando il peggio è passato. I fiumi ormai attraversano le nostre città senza che noi riusciamo più a percepirne la reale forza vitale, mentre per secoli hanno rappresentato un elemento fondamentale della nostra cultura, del nostro immaginario. Grandi civiltà del passato sono sorte e fiorite proprio grazie ai fiumi e alle loro acque, pensiamo agli egizi che hanno saputo sfruttare con sapienza le piene del Nilo, ad esempio. Non è un caso che la maggior parte delle grandi cttà del mondo siano attraversate da corsi d’acqua: Roma, Torino, Il Cairo, Parigi, Dacca.
Cerchiamo allora di riappropriarci dei nostri fiumi e di comprenderne meglio le dinamiche e le necessità, così da far sì che la pioggia non  porti ogni anno con sé la minaccia di una piena.

lunedì 31 ottobre 2011

Lo sterco: un ecosistema vitale

Può capitare durante un’escursione di trovare dello sterco. Chi avrebbe mai detto che quelle montagnole fumanti dalle quali si cerca di stare lontani, per qualcuno possano rappresentare invece fonte di vita e un habitat ideale?
Già, perché lo sterco rappresenta un ecosistema in miniatura.
Sul sistema sterco si stabiliscono diverse comunità che lo utilizzano ognuna in un modo diverso.
Esiste un gruppo di organismi che arriva immediatamente sullo sterco fresco per sfruttarne la fase acquosa e risolvere così i propri problemi sia alimentari che riproduttivi. Fanno parte di questo gruppo le mosche e i ditteri.
Subito dopo arrivano i predatori, che si inseriscono nel sistema non come coprofagi, ma in quanto vi trovano abbondanza di prede.
All’interno della guild coprofagia troviamo specie che si nutrono di sterco ma con modalità differenti. A seconda dell’utilizzo avremo quindi dei modelli diversi:
-         sulla superficie: epifagico
-         in profondità: endofagico
-         interfaccia : mesofagico
-         sotto lo sterco: ipofagico
-         lo prendono e se ne vanno: telefagico
Rovesciando uno sterco potremmo trovare queste varie specie. Lo sterco vediamo quindi che è un sistema molto più complesso di quello che potrebbe sembrare.
Tutti questi gruppi hanno una funzione essenziale nel riciclaggio dello sterco perché in momenti diversi compiono un’azione di particellaggio della struttura rendendo più facile il passaggio dell’acqua piovana, arricchendo il terreno di ossigeno e rendendolo più friabile lo lasciano in condizioni ottimali.
Si è visto, soprattutto nelle zone insulari, che dove le mandrie sono state introdotte dall’uomo in ambienti privi della presenza di coprofagi, lo smaltimento delle deiezioni creava molti problemi.
Questo si è verificato sia nelle Azzorre che in Australia. In Australia si è poi tentato di ovviare al problema introducendo coprofagi africani, che però si sono espansi a discapito della fauna coprofagia autoctona, fortemente specializzata sui marsupiali.

Spesso i coprofagi si riproducono con modalità analoghe:
-         linee endocopride: mangiano e si riproducono nella massa di sterco
-         linee telecopride: manipolano e trasportano a distanza delle palline che poi utilizzeranno per nutrirsi e nidificare (es. lo scarabeo)
-         linee paracopride: scavano gallerie sotto lo sterco e vi nidificano.
Lo sterco degli erbivori ha ampi spazi che soddisfano tutti, infatti i coprofagi prediligono lo sterco degli erbivori ( ad esempio quello di mucca).
La coprofagia è una condizione primitiva; gli adulti si nutrono anche di altro, ma le larve no.





Un telecopride può anche essere epifagico. I modelli riproduttivi però sono più schematici di quelli alimentari, molto più flessibili.
Nei telecopridi assistiamo ad una rigida successione di situazioni:
-         si avvicina allo sterco
-         lo particella
-         lo modella  (sfere sempre uguali per entità e peso)
-         lo trasporta
se sono in coppia la pallina servirà per il nido, se invece c’è un solo individuo, la pallina avrà uno scopo alimentare.
I telecopridi più primitivi hanno un sistema più rudimentale: entrano nello sterco, ne fanno un prelievo rozzo e si allontanano dentro una galleria.

venerdì 21 ottobre 2011

Metodi di studio della fauna selvatica

Nel post precedente suggerivo di provare a prendere un taccuino e ad osservare una mandria di mucche al pascolo ( ma va bene anche se potete farlo su pecore o altro animale domestico). Sicuramente l'osservazione di animali domestici è più semplice per noi etologi principianti e ci consente di impratichirci su alcune tecniche di studio della fauna selvatica.
Ma quali sono queste tecniche? Come dobbiamo procedere?

Innanzitutto bisogna sempre aver chiaro quello che si vuole osservare, quindi se di un animale non conosco nulla devo prima fare una ricerca di base.

Ad esmpio i miei studi possono riguardare i rapporti dell'animale con l'ambiente (studi di ecologia) oppure i comportamenti dell'animale stesso ( studi di etologia).

Per poter osservare gli animali selvatici bisogna però attenersi ad alcune semplici regole comportamentali:
1) muoversi lentamente ed in modo regolare
2) vestire colori neutri
3) essere in pochi
4) parlare a bassa voce
5) dotarsi di binocolo (8 * 40 ) e di guide o manuali
6) non cercare di avvicinarsi
7) non dimostrare "interesse"
8) tenersi lontani dai nidi
9) non disturbarli per vederli muovere o volare
10) non modificare o danneggiare l'ambiente

Studi etologici

Devo poter osservare l'animale da vicino, quindi é più facile se esso é avvistabile (es. camoscio ).
Per gli studi su animali poco osservabili si adotta la tecnica della semicattività: rinchiudere un branco in un ambiente naturale ma recintato; se il branco é vitale lo si capisce dal fatto che si riproduce; in questo caso gli studi saranno attendibili; mentre non lo sarebbero in completa cattività.
Gli animali più facili da studiare sono gli ungulati.

I metodi di studio possono essere:


INDIRETTI
resti del pasto


tracce
mi dicono l'ampiezza del territorio, la densità di individui, e la loro attività

tane


peli


escrementi
danno indicazioni sui parassiti, l'alimentazione e le patologie

segni sulla vegetazione

DIRETTI: CATTURA (TELEMETRIA:
radiocollari e marche auricolari)
ungulati

ripopolamenti o reintroduzioni

carnivori
ritmi di attività e predazione


Una serie di orme costituisce una pista, ed é importante seguirle per poi interpretare ciò che l'animale ha fatto.


Tecniche di studio principali :

Ci sono tre tecniche di studio principali:
1) Campionamento ad libitum : annoto tutto quello che vedo.
L'arco di tempo é generalmente un anno, più un altro anno di verifica.
2) Tecnica focal animal : scelgo un animale focale e l'osservo ad intervalli regolari di tempo (es. 5 minuti ) per scoprire come interagisce con gli altri.
3) Matrice sociometrica : scelgo alcuni individui per studiare un comportamento particolare.

Es : studio dell'aggressività dei maschi rispetto alle femmine:



f1
f2
f3
m1
y t
t
l
m2
i
l t
t
m3
u
l
t i

codificare i comportamenti:
t = rincorse
i =incornamenti
y = ..........
l =............

Raccogliere i dati

Non basta descrivere quello che avviene in un dato momento, bisogna avere ben chiaro su quale animale o gruppo o specie si vuole porre la propria attenzione.
Per ogni escursione segnare data, località, ora solare di inizio e fine, quota altimetrica.
Ogni singola osservazione sarà a sua volta corredata da ora, tempo atmosferico, tipo di ambiente in cui si trova l'animale e da una sintetica descrizione del suo comportamento. E' anche utile riportare brevi considerazioni su quanto accaduto nella zona dal punto di vista climatico - ambientale nei giorni immediatamente precedenti.
Per i rettili e gli anfibi è importante misurare la temperatura dell'aria, dell'acqua e del substrato su cui si trova l'animale.

Annotare dettagli a proposito dell'individuo osservato : sesso , classe di età , segni particolari , emissioni di canti o richiami , stima della lunghezza (soprattutto per i rettili) e dimensioni.
Evitare considerazioni delle quali non si é più che certi ed informazioni generiche.
La raccolta dati può avvenire con note manuali o con fonoregistrazioni.

Riconoscere gli individui
Conviene proceder per gradi, imparando per prima cosa a discriminare gli elementi più macroscopici legati alla forma.
Per questo, con l'ausilio di un buon binocolo, sottoporremo l'animale ad un attento esame, ponendo particolare attenzione allo stato delle estremità , ovvero zampe, corna, ali , orecchi.
Sono questi i punti che più facilmente presentano menomazioni o segni in grado di facilitare il nostro lavoro.
Anche l'aspetto del mantello, con la presenza di macchie, sfumature di colore, cicatrici di vecchie ferite può fornirci utili elementi.
L'eventuale dimorfismo sessuale contribuirà ulteriormente a distinguere un animale da un altro.
E' fondamentale fare attenzione a quelle caratteristiche che possono non essere permanenti.
Per l'incontro con animali marcati, la lettura dell'etichetta deve avvenire dall'alto in basso e deve essere osservata la posizione di essa sull'animale.

Ovviamente questi metodi di studio hanno poco senso rispetto ad un animale domestico, però alcune tecniche possono venir sviluppate, ad esempio la codificazione dei comportamenti, il riconoscere gli individui, etc etc.

martedì 11 ottobre 2011

La mucca, questa sconosciuta

Il post precedente parlava di corride, perché essendo un blog sull’educazione ambientale, mi pareva doveroso anche fornire notizie su come gli uomini di solito trattano gli animali con cui convivono. Non è piacevole vero?

Allora, proseguiamo questo viaggio proprio partendo da loro, mucche e tori.
In fondo, non essendo etologi professionisti, quali sono gli animali che avremo più probabilmente possibilità di incontrare nelle nostre scampagnate? Forse stambecchi e lupi? Aquile e pernici?
No, molto più probabilmente troveremo sul nostro cammino proprio loro, le mucche.
Essendo diventata vegetariana da alcuni anni, posso tranquillamente parlare di questi placidi animali senza sentirmi in colpa.
Come disse Franz Kafka: “Adesso posso guardarti negli occhi. Non ti mangio più.”

La prima cosa che posso dirvi è che, al momento di scrivere questo post, ne sapevo come voi sull’argomento. E dire che abito in campagna ( proprio mentre sto scrivendo, sento in lontananza il rumore di campanacci sulla strada. E’ la stagione della transumanza.) e che sono una guida naturalistica patentata!

So ad esempio che la mucca ha due corna che a differenza di quelle del cervo non cadono mai, so che ha grandi mammelle da cui sgorga ottimo latte ( questo perché viene forzata a partorire ogni due anni circa), che è la femmina del toro e che il loro piccolo viene chiamato vitello. So che è un ruminante e che si ciba di erba e fieno ( quando può). So anche che vista da vicino ha grandi occhi scuri e miti. Un po’ pochino vero?

Però, questo è un blog fatto apposta per crescere ed accrescere le mie conoscenze e spero le vostre. Quindi mi sono data da fare. Qual è la prima cosa che facciamo quando vogliamo raccogliere informazioni noi cresciuti nell’era del pc? Cerchiamo su internet.
Bene, le mie ricerche sono state abbastanza infruttuose. Ho trovato siti che parlano di mucca pazza sia come malattia ( quando sappiamo bene che i pazzi erano gli allevatori ndb), sia come catena di pizzerie, siti che parlano di allevamenti e di agriturismi, siti vegani e viceversa siti di cucina, ma sulla vita di ogni giorno di questo pacifico e bistrattato animale, niente. Sembra che le mucche ci interessino soltanto da un punto di vista culinario. Soltanto wikipedia  fornisce qualche notizia in più.

E quindi sono tornata ai vecchi modelli di ricerca: riviste, enciclopedie, libri. Vi dirò che non fa mai male tornare ai vecchi metodi.

Partiamo quindi dall’incasellamento sistematico:
Regno: animale
Philum: vertebrati
Classe: mammiferi
Ordine: artiodattili
Famiglia: bovidi
Genere: Bos
Specie: Bos taurus

Abbiamo detto che è un ruminante, quindi il cibo non passa direttamente nello stomaco per essere digerito ma ha un percorso un po’ diverso attraverso quattro cavità che sono rumine, reticolo, omaso e abomaso. Gli erbivori muovono la mandibola con un movimento di circonduzione. Se avete la fortuna di osservare una mucca al pascolo potete osservare facilmente questo tipo di masticazione. La mucca strappa l’erba arrotolandola attorno alla lingua dopo averla bloccata con le labbra. Più volte al giorno, poi, si stende per ruminare, riportando l’erba dal rumine alla bocca e triturandola con la saliva. La poltiglia così ottenuta ridiscende nello stomaco dove termina la digestione. Ognuna delle sacche ha una precisa funzione digestiva.
 Nella bocca risiedono 32 denti, mentre mancano sia gli incisivi superiori che i canini.
La mucca mangia circa 60 kg di erba al giorno, ma si ciba anche di cereali, soia e barbabietole.

La conformazione fisica è quella tipica dei Bovidi: la corporatura è robusta, il corpo allungato e gli arti colonnari.
Esistono molte razze di bovini, che si distinguono per dimensioni, colorazione del mantello, presenza e conformazione delle corna ecc. Le varie razze sono state selezionate dall’uomo attraverso incroci.
Le razze più comuni sono quelle dal manto pezzato e dalle corna di lunghezza media ( 20 – 30 cm circa) ma ci sono razze come le Longhorn inglesi in cui le corna possono raggiungere la lunghezza di un metro.

Il maschio adulto sopra i 4 anni viene chiamato toro, mentre d’età inferiore vitello ( purtroppo essendo allevati per la loro carne sono pochi i vitelli che giungeranno all’età adulta). Il maschio castrato è il bue pur mantenendo la stessa forza del toro, ha un carattere più mite in seguito alla castrazione e ancora oggi in molte aree del mondo non meccanizzate viene utilizzato come forza motrice per le macchine agricole.


La bovina adulta sopra i 3 anni o in gravidanza viene chiamata vacca. Il termine mucca comunemente usato è errato in campo zootecnico ed è un termine dialettale toscano, probabilmente derivato dal latino mungere o  dall’italiano muggire, oppure un’altra ipotesi è che sia semplicemente un termine onomatopeico che riproduce il verso della vacca.

Bene, ora passiamo all’azione sul campo. Come dicevamo, le mucche sono animali mansueti e facili da osservare anche durante una semplice scampagnata. Quindi da bravi etologi dilettanti dovremo armarci di taccuino e procedere all’osservazione di questi animali al pascolo. E’ una buona scuola che servirà ad impratichirci della tecnica di studio della fauna selvatica, per quando ci troveremo di fronte ad un branco di animali selvatici, siano essi camosci, cervi o stambecchi.
Trattandosi di animali domestici, non dovremo preoccuparci di spaventarli, ma è sempre bene ricordarsi che gli animali non vanno comunque spaventati e l’ambiente non va danneggiato. Queste sono le prime norme dell’etologo dilettante.
E chissà che dopo aver passato qualche ora in compagnia di questi simpatici animali, qualcuno di voi non diventi vegetariano!!!

venerdì 30 settembre 2011

Buone notizie: l'ultima corrida

Dopo questi brevi accenni di ecologia, zoologia e botanica, entriamo nel vivo dell'educazione ambientale e siccome di educazione al rispetto della vita stiamo parlando, iniziamo il viaggio con una buona notizia: a Barcellona e in Catalogna è entrata in vigore la legge che abolisce la corrida!





"Ammetto che la corrida è un'arte se in cambio mi si concede che il cannibalismo è gastronomia." Manuel Vincent
  
Il 25 settembre si è tenuta a Barcellona l’ultima corrida, in osservanza della legge approvata il 28 luglio 2010 dal Parlamento catalano che abolisce le corride nella regione. Pare comunque che il mondo delle corride sia in declino a prescindere dalle leggi e nonostante qualcuno in Spagna stia cercando di arrivare all’abolizione della legge anticorrida per incostituzionalità. Pare infatti che la Federazione di Enti Taurini stia raccogliendo firme per l’abrogazione della legge, appoggiata dal Partito Popolare.
Intanto i gruppi animalisti chiedono l’abolizione dei combattimenti in tutto il paese, così come avviene già alle Canarie.
C’è da dire che soltanto il 37% degli spagnoli si dichiara  un appassionato, infatti i dati sugli spettatori del 2009 contano in tutto soltanto 140000 persone paganti. A mio parere sono ancora troppi, vista la barbarie che rappresenta.
In un mondo civile non dovrebbero essere necessarie leggi che vietano spettacoli di violenza gratuita, vigliacca aggressione ad una vittima senza speranza, sopraffazione. Innanzitutto credo che il “ mitico e leggendario” Josè Tomas soccomberebbe dinanzi ad un toro infuriato di 500 e più chili, se nell’arena non fosse armato e spalleggiato dai suoi degni compari e se il toro non arrivasse nell’arena già sfinito dalle torture a cui viene sottoposto per renderlo meno pericoloso.
Non ho mai visto una corrida, nemmeno in televisione, ma se la corrida fosse uno spettacolo ad armi pari, come ad esempio la boxe, non avrei niente da ridire. Toro contro uomo, soli nell’arena, a mani nude. Questa sì, sarebbe una dimostrazione di coraggio. Purtroppo le cronache dimostrano che troppo pochi sono i toreri ad essere periti durante le corride, mentre la fine per il toro è certa. Inoltre, leggo e riporto una descrizione della corrida dal sito Oipa:
"Prima di entrare nell’arena il toro viene sottoposto a droghe e purghe per indebolire le sue forze, viene percosso sulle reni con sacchi di sabbia, gli viene messa vaselina negli occhi per annebbiargli la vista, gli viene infilata della stoppia nelle narici e nella gola per impedirgli di respirare e gli vengono limate a vivo le corna, scoprendo i nervi, in modo da rendergli doloroso l’atto di incornare.
Il torero non è mai solo nell’arena, ma è circondato da banderilleros e picadores ed entra in scena solo dopo che il toro è stato quasi completamente annientato. Quando entra nell’arena il toro viene colpito da più parti con banderrillas (arpioni) e picas (lance) per procurargli emorragie e stordimento.
A spettacolo concluso il toro viene trascinato via agonizzante e gli vengono tagliate, mentre è ancora vivo, coda, orecchie e testicoli (che il torero mostra in arena come trofeo)."
In tutto ciò vedete anche solo l’ombra del coraggio???
Le origini della corrida si perdono nella notte dei tempi, le prime gare con i tori in Spagna risalgono a circa l'800 dopo Cristo, ma la Corrida, così come la si conosce oggi, risale al XIV secolo. Per questo chi vuole mantenerla in vita si appella alle tradizioni, tradizioni in nome delle quali  ( non solo in Spagna) si commettono violenze e crudeltà inaudite verso ogni tipo di animale, dall’agnello alla capra, ai poveri cavalli e asini nei vari pali (palio di Siena per dirne uno che andrebbe abolito già da domani, secondo me), galli sgozzati e via dicendo. Anche nella corrida, del resto, il toro non è l’unica vittima: i cavalli dei picadores vengono bendati o accecati per impedirgli di vedere il toro che li carica.
La bardatura che hanno sui fianchi, anche se può sembrare una protezione, in realtà impedisce al pubblico di vedere il cavallo sventrato dal toro.
Certo le tradizioni sono una buona cosa, ma chissà perché gli esseri umani si dimenticano che negli anni in cui tali tradizioni prendevano vita, era anche tradizione impiccare i ladri, bruciare sul rogo le presunte streghe, venire imprigionati e processati dall’Inquisizione. Poi l’umanità è progredita e mano a mano le pratiche più abbiette sono state abolite e messe al bando. Quindi il buon senso e l’etica dovrebbero imporci di mettere al bando allo stesso modo tutte quelle usanze barbare che rappresentano la vergogna di un popolo civile e che vanno sotto il nome di “tradizione”.

mercoledì 21 settembre 2011

Appunti di botanica generale


Brevi cenni sull’evoluzione delle piante

Gli organismi viventi sono divisi in 5 regni:
-         procarioti ( i batteri)
-         protisti
-         animali
-         piante
-         funghi
I primi organismi viventi si sono formati nell’acqua, poiché l’atmosfera terrestre aveva una composizione proibitiva per la vita.
Alcuni organismi acquatici hanno avviato il processo di fotosintesi, il cui prodotto di scarto è l’ossigeno. Tale scarto veniva liberato nell’atmosfera, rendendo così possibile il passaggio dall’acqua alla terraferma.
Questo passaggio, per le piante, avviene in tre tappe:

PROTOFITE = organismi unicellulari, legati esclusivamente all’acqua
      6
TALLOFITE = organismi pluricellulari, le cui cellule mantengono la propria autonomia.  Anch’essi legati all’acqua
      6
CORMOFITE = organismi pluricellulari in cui le cellule iniziano a specializzarsi,   formando tessuti, organi ed apparati e riuscendo così a colonizzare l’ambiente terrestre.

L’ambiente terrestre aveva vantaggi e svantaggi:
-         vantaggi: non c’era competizione con altre specie, era possibile un maggiore scambio di gas e c’era la possibilità di sfruttare una luce maggiore.
-         svantaggi: difficile rifornimento idrico, perdita di acqua con la traspirazione, necessità di mantenere una posizione eretta e riproduzione più difficoltosa ( in acqua i gameti maschili riuscivano a “nuotare” fino ai gameti femminili.
I primi tre problemi vengono risolti con una serie di adattamenti, che porta le piante a dividersi in tre parti: radici, fusto, foglie.
Le radici assorbono l’acqua dal terreno e tengono la pianta ancorata ad esso.
Il fusto serve da sostegno per la parte superiore e la rifornisce d’acqua.
Le foglie assorbono la luce del sole e tramite la fotosintesi clorofilliana la trasformano in nutrimento.

mercoledì 14 settembre 2011

Brevi cenni di biologia dei vertebrati

Esistono diverse teorie sulla derivazione dei Vertebrati dagli Invertebrati. Secondo alcuni autori deriverebbero dagli Anellidi, secondo altri dagli Artropodi, secondo altri ancora, ed é l'ipotesi più plausibile, dagli Echinodermi. Questa ipotesi prevede un antenato comune sessile, dal quale siano derivati da una parte  gli Echinodermi e dall'altra i cordati più primitivi simili agli attuali Urocordati. Ad un certo punto dell'evoluzione le larve mobili degli Urocordati si sarebbero riprodotte neotenicamente dando origine ai Cefalocordati e poi ai Vertebrati o Notocordati.
Dal punto di vista anatomico-funzionale la struttura degli animali si é sviluppata in rapporto all'ambiente in cui vivono. La differenziazione dei vertebrati primitivi nelle attuali classi é avvenuta attraverso continui processi evolutivi e adattativi che hanno permesso loro di occupare i diversi ambienti. Tale evoluzione adattativa può essere colta esaminando i diversi apparati dei vertebrati e i trends evolutivi che li hanno interessati.


Lo scheletro
Lo scheletro di tutti i vertebrati terrestri é composto dalle stesse parti, il che fa pensare ad un antenato in comune.
E' facile girando per i boschi, trovare delle ossa o dei frammenti. Ma quali sono le funzioni delle ossa?
L'animale ha bisogno di calcio per contrarre i muscoli, coagulare il sangue e per molte altre funzioni, ad esempio il calcio è importante per i cervi quando devono ricostruire i palchi e agli uccelli per deporre le uova, il cui guscio é ricco di calcio.
Lo scheletro, oltre a sostenere il corpo, ha la funzione di contenere grandi quantità di sali di calcio e di dare la possibilità all’organismo di recuperarlo.
Un altro aspetto importante dello scheletro da notare é la differenza di peso tra un animale terrestre ed un volatile.
Lo scheletro degli uccelli è più leggero per favorirne il volo; la differenza é nella struttura interna.
Esistono casi in cui la specializzazione dello scheletro é eccezionalmente spinta, ad esempio:
-uccelli,;;; ;tutto in funzione del volo : sterno grosso, arto anteriore stretto e lungo, al fondo della colonna vertebrale un osso stretto per le timoniere, bacino rivolto all'indietro per spostare il baricentro, arto posteriore adatto alla corsa.
-pipistrello, ;vola in maniera diversa, per cui lo scheletro sarà diverso: clavicola robusta, dita allungate, presenza di un osso che impedisce all'arto anteriore di rompersi all'indietro.

La pelle
La sua struttura é uguale per tutti gli animali, ma é adattata all'ambiente.
- Anfibi:;
Pelle umida,liscia, sottile; viene utilizzata anche per respirare, perché essendo  molto sottile l'ossigeno dell'aria riesce a raggiungere il sangue.
Osserviamo ad esempio la rana: attraverso la membrana si intravede una fitta  rete di capillari; si aiuta inoltre deglutendo l'aria per mandarla ai polmoni, mentre anche l'occhio rientra nella gola  premendo così l'aria.
Questo tipo di pelle non é una protezione contro la perdita di acqua.
- Rettili:
Hanno arricchito la pelle di cheratina che impedisce la respirazione cutanea ma anche la perdita di acqua, per questo hanno potuto colonizzare la terraferma; i rettili cambiano la pelle, compresa la cornea dell'occhio, ma prima di perderla ne formano una completa. Questo serve a permettere la crescita dell'animale, dal momento che la pelle dei rettili non é elastica, e tende ad usurarsi. Durante le escursioni può capitare di imbattersi nei resti di questi cambi di pelle, che vengono chiamati esuvie.
- Uccelli:
Tramite una serie di mutazioni alcuni rettili preistorici hanno allungato parte delle squamette per poter planare da un ramo all'altro, ed é da qui che si sono sviluppate le piume.
La riproduzione
Le modalità di riproduzione dei vertebrati sono diverse in relazione all'ambiente.
Esse sono :
-         oviparità : uova emesse all’esterno
-         ovoviviparità: uovo fecondato viene trattenuto nel corpo della madre e l’embrione si sviluppa al suo interno senza però avere relazioni con la madre
-         viviparità: l’embrione si sviluppa nel corpo della madre con la quale ha stretti rapporti attraverso la placenta

In ambienti particolari (alpini , pedemontani ) certe specie normalmente ovipare diventano ovovivipere per esercitare sulla prole una maggior protezione dalle basse temperature. Ne sono degli esempi le lucertole, l'orbettino, la salamandra; quest'ultima arriva a trattenere l'uovo anche per due anni.

La digestione
Nei vari vertebrati assistiamo ad una serie di adattamenti. Nel corso dell'evoluzione si è allungato il tratto di tubo per digerire il cibo.
I pesci sono privi di stomaco e la loro digestione avviene nell'intestino, mentre per qualche mammifero la digestione inizia già in bocca.
I denti
Tra i mammiferi vi é un enorme varietà di tipi di dentatura.
La mandibola si specializza in rapporto a ciò che l'animale mangia.

La dentatura, ovvero denti diversi adattati a diversi tipi di cibo:


carnivori e insettivori
denti appuntiti per rompere e strappare
L'angolo tra la mandibola e il ramo con cui si articola, nei carnivori è di 100 gradi
erbivori










denti che devono triturare; hanno una forma particolare con una serie di creste di smalto alternate a zone infossate costituite da dentina (più molle ); hanno un aspetto seghettato
( sulla superficie).
Gli erbivori muovono la mandibola con un movimento di circonduzione. Negli erbivori l'angolo tra la base della mandibola e il ramo con la quale si articola e di circa 90 gradi.
Camoscio
denti selenodonti ( a forma di luna)
Scoiattolo
creste più appiattite
Uccelli
angolo di 180 gradi perché non devono masticare o meglio é diverso il lavoro di masticazione


L’apparato digerente
Gli erbivori hanno una digestione più lenta , per cui il canale digerente é diverso da quello dei carnivori.
Lo stomaco di un ruminante é composto da quattro camere:
RUMINE - RETICOLO - OMASO - ABOMASO
Gli erbivori non ruminanti sono coprofagi, cioé reingeriscono i propri escrementi per ricavarne ancora delle sostanze (es. lepre ).
Gli erbivori inoltre sono in grado di digerire la cellulosa perché forniti di una altissima quantità di batteri cellulosolitici nell'intestino, che vivono in simbiosi con essi.
I carnivori invece sono carenti di vitamine e sali minerali, per integrarli divorano immediatamente le interiora degli animali uccisi.

Schema sulle differenze tra i vari apparati digerenti

###############
STOMACO
INTESTINO
TENUE
CIECO
ERBIVORI NON RUMINANTI
molto piccolo
assorbimento più lento
dimensione 2 X
enorme appendice a fondo cieco in cui rimane a lungo il cibo
ERBIVORI RUMINANTI
molto grosso e diviso in camere
dimensione 5 X
non é necessario , quindi é relativamente breve
CARNIVORI
dimensioni intermedie
dimensione X
trasformato in un organo con funzioni diverse: produzione di linfociti (appendice)


Il sistema nervoso
I vertebrati basano la loro vita su di un organo di senso che può essere diverso tra specie e specie (udito, senso, vista) di conseguenza anche il cervello avrà sviluppato in modo diverso quella parte dell'organo di senso più utilizzata.

pesci ossei ( trote ,carpe...)
vista , poco olfatto
pesci cartilaginei ( squali )
olfatto, poca vista
Anfibi
vista, udito, meno olfatto
Rettili
vista, poco olfatto
Uccelli
vista, poco olfatto
mammiferi
udito, olfatto


La vista nei predatori é stereoscopica: molto precisa ma con un campo visivo limitato mentre gli erbivori hanno un campo visivo molto ampio e occhi laterali.
Il fiuto è molto sviluppato nei carnivori; importante per riconoscere i messaggi olfattivi di marcatura.

Questa diversità dipende da fattori evolutivi e ambientali. Ad esempio i mammiferi che convivevano con i dinosauri avevano adottato come ambiente le grotte e abitudini notturne, quindi la vista serviva a poco.
Esiste un rapporto tra lo sviluppo del cervelletto e le capacità locomotorie dell'animale. E' più sviluppato nei pesci che sono molto agili e meno negli anfibi che si muovono meno agilmente. Il cervelletto é piccolo anche nei rettili mentre è molto sviluppato negli uccelli e nei mammiferi.

Adattamenti al freddo
I vertebrati omeotermi ( a sangue caldo ) resistono al freddo con o senza ibernazione.
Senza ibernazione resistono grazie a due meccanismi : lasciando raffreddare certe zone del corpo come ad esempio la punta del naso o le zampe oppure ricoprendosi con pelame. Non tutte le pellicce sono uguali come isolamento termico, ad esempio la volpe bianca ha una resistenza di 8 clo ( unità di misura) mentre quella dell'orso pur essendo più spessa ha solo 6 clo.
Generalmente i roditori e gli insettivori si difendono mediante l'ibernazione cioé rallentando il proprio metabolismo.
Gli animali a sangue freddo si immobilizzano, ma al contrario dell'ibernazione questa strategia non mantiene sveglio alcun meccanismo di sorveglianza, per cui la temperatura corporea segue quella esterna senza alcuna difesa.
Avremo quindi gli omeotermi ibernanti (roditori, insettivori, chirotteri ) che vanno incontro ad un periodo di rallentamento delle attività vitali e gli omeotermi non ibernanti ( camoscio, stambecco) che per mantenere la temperatura corporea evitano di riscaldare inutilmente le estremità, si isolano tramite il grasso cutaneo e la pelliccia e in alcuni casi estremi aumentano il proprio metabolismo ( es. succede allo scoiattolo).
Avremo poi gli eterotermi che alle temperature normali si riscaldano al sole ma alle temperature molto basse si addormentano e devono essere riscaldati passivamente per svegliarsi. Non avendo sensori per contrastare diminuzioni cospicue di temperatura, rischiano il congelamento.

Adattamenti all’ossigeno
In un ambiente a scarsa concentrazione di ossigeno (alte quote) gli esseri viventi possono:
1) acclimatarsi : alcuni bovini, alcuni indiani
2) diventare adattati : lama, alcuni caprini, gli sherpa
3) non adattarsi né acclimatarsi: alcuni bovini sviluppano la sindrome del sottospalla ed alcuni uomini la sindrome di Monge.
Nei fenomeni di adattamento é molto importante la presenza di determinati tipi di emoglobina anormale.
I bovini e l'uomo; resistono molto male alle alte quote e vanno incontro a due differenti sindromi, che sono per l'uomo  la sindrome di Monge ( gli alveoli funzionano male e la cassa toracica si amplia) e per i bovini la sindrome del sottospalla ( non funzionano i piccoli capillari, il sangue ristagna nel sottospalla).
I camelidi resistono benissimo all'altitudine e così pure i caprini grazie ad un diverso tipo di emoglobina che lega una maggior quantità di ossigeno.
Gli anfibi possono vivere fino a 3000 metri di quota. La loro pelle presenta tante piccole pieghe per assorbire più ossigeno.
I globuli rossi sono più piccoli e più numerosi. Si muovono continuamente con un'andatura ballonzolante per cambiare l'aria o l'acqua a contatto con la pelle.
Gli uccelli resistono ad altissime quote (durante le migrazioni anche 10000 mt). Hanno dei polmoni molto diversi: sono molto più rigidi, tipo spugna di plastica perché respirano senza inspirazione ed espirazione, l'aria entra ed esce seguendo un suo circuito. In questo modo non subisce l'effetto della pressione.
Inoltre riescono a sfruttare completamente l'ossigeno legato ai globuli rossi.